Con queste parole Margaret Thatcher affrontò il tema della Comunità Europea in uno storico discorso tenuto a Bruges, nel 1988. L’Unione Europea “La Comunità Europea è uno strumento pratico attraverso il quale l’Europa può garantire la futura prosperità e la sicurezza della sua gente in un mondo in cui ci sono molte altre nazioni potenti e gruppi di nazioni.” “Non deve essere ossificata da una regolamentazione infinita”. “Lasciamo che l’Europa sia una famiglia di nazioni, che si comprendano meglio, si apprezzino di più, facciano di più insieme ma godendo la nostra identità nazionale non meno del nostro comune impegno europeo. Creiamo un’ Europa che svolga pienamente il suo ruolo nel resto del mondo, che guardi verso l’esterno e non verso l’interno, e che preservi quella comunità atlantica – quell’Europa su entrambe le sponde dell’Atlantico – che è la nostra eredità più nobile e la nostra più grande forza.” La nostra battaglia non è per un’Unione centralista, ossia in mano a burocrazie sovietiche, o federalista, ossia dove tutti pagano ma pochi comandano. La nostra battaglia è per creare una cooperazione attiva e volontaria tra stati sovrani indipendenti. Su questo principio l’Unione è nata e ha prosperato e su questo principio deve tornare.
La guida dell’Unione da troppo tempo è stabilita sulla base di ideologie astratte partorite dagli esclusivi rapporti franco-tedeschi. L’Italia non può accontentarsi di essere una marginale provincia europea: come Stato fondatore, il suo destino è da protagonista in Europa. Per giocare questo ruolo, deve però mettere in campo serietà, pragmatismo e soprattutto una visione chiara di cosa debba essere l’Unione Europea. Ciò non significa che il nostro futuro sia solo in Europa: l’Italia può svolgere il ruolo di ponte economico, politico e culturale con altri mondi, in particolare con il Mediterraneo, nella sua visione allargata, e con gli Stati Uniti d’America, con i quali intrattiene da sempre rapporti privilegiati.
Mai si era vista nella storia umana un’alleanza nata per la difesa e la promozione della pace e non per fare la guerra. Sentiamo già in lontananza le urla scomposte dei progressisti, ma delle due l’una: o ci rallegriamo del mondo libero e democratico creato e mantenuto dalla Nato o, calino la maschera, e confessino che nel 1945, le cose sarebbero dovute finire diversamente. Nonostante le democrazie siano lente e difettose, noi sappiamo benissimo da che parte stare. Se fino a ieri il mantra ripetuto descriveva la Nato come un obsoleto rimasuglio della guerra fredda, le mire imperialistiche della Russia, i mercenari di Teheran e la fiamma cinese che cova sotto la brace di Taiwan, stanno dimostrando l’opposto. Per evitare una loro penetrazione nella nostra mentalità, ma anche nel nostro territorio fisico, l’Europa deve fare seriamente la sua parte e deve continuare a mantenere un ferma difesa attraverso la NATO. L’Unione Europea non è un’alternativa all’Alleanza Atlantica, ma è un mezzo per rafforzare il contributo degli europei alla difesa comune dell’Occidente. La continua modernizzazione e incrementazione dei nostri sistemi di difesa, anche se ciò significa sostenere pesanti costi, è la strada. È alla NATO che si deve la pace che, nel mondo libero, è stata mantenuta per più di 40 anni. Il modello democratico di una società basata sulla libertà di iniziativa si è dimostrato superiore. Ma non possiamo mai dimenticare che il nostro modo di vivere, la libertà, i nostri diritti e tutto ciò che il mondo democratico di offre, non è assicurato da un’entità astratta che ci protegge, ma dalla forza della nostra difesa.
Il ruolo dell’Italia passa dalla sua Marina e dalla sua diplomazia
Navigatori, mercanti e diplomatici, poco inclini a fare la guerra ma, se necessario, pronti a tutelare i nostri interessi. Così potremmo descrivere il filo conduttore che dalle repubbliche marinare a oggi, lega secoli di italianità. La situazione attuale di conflitto tra la Russia e l’Ucraina e Israele e la Palestina (con annesse scorribande degli altri mercenari al soldo di Teheran) ha ridato centralità al Mar Mediterraneo, nel quale noi pucciamo lo stivale. Non è un caso che il mar rosso sia stato preso di mira da pirati che hanno messo in crisi il passaggio delle merci occidentali comportando aumenti di costi e di tempistiche. Se fino a ieri gli analisti contemporanei reputavano il mar della Cina come unico scenario di tensione globale, oggi la strana guerriglia mondiale si svolge proprio in casa nostra. L’Italia a Nord è finalmente circondata da stati alleati membri dell’UE, il pericolo quindi viene dal mare, dalle incursioni sulle rotte commerciali che contribuiscono alla crisi del nostro mondo. All’interno della Nato, 80 anni dopo la sconfitta, il ruolo italiano deve tornare ad essere quello che è sempre stato nella storia: il guardiano del Mediterraneo, unendo le profonde capacità diplomatiche a una flotta capace di dissuadere qualsiasi nemico dall’attaccarci.
Nord Africa e rotte migratorie, cosa fare nel mare (mica tanto) Nostrum.
Negli ultimi anni, la politica Italiana non ha certo brillato per il ruolo avuto in Nord Africa, in particolare nei confronti del governo legittimo e democratico di Tripoli. Ne è scaturita una perdita di credibilità che ha spinto i nostri partner a rivolgersi alla Turchia e, i nostri avversari, alla Russia. Lo scenario del mare (mica tanto) Nostrum è desolante e non può rimanere vittima di immobilismo od ambiguità, specie perchè da lì passano rotte di approvvigionamento energetiche e le terribili tratte umane. Senza un’azione chiara, intrapresa da un’Italia rispettabile e stabile negli intenti, il canale di Sicilia è destinato a tramutarsi nel cimitero del Mediterraneo, nonchè ad un’autostrada di illegalità e sfruttamento.