Felice Ippolito

Felice Ippolito (Napoli, 16 novembre 1915 – Roma, 24 aprile 1997) è stato un geologo e ingegnere italiano, importante promotore dello sviluppo dell’industria nucleare italiana negli anni sessanta.si laureò nel 1938 in ingegneria civile indirizzando poi la sua carriera verso la geologia. Nel 1948 ottenne la libera docenza e nel 1950 la cattedra di Geologia Applicata presso l’Università di Napoli. Il suo interesse per l’impiego dell’energia nucleare a fini civili derivò dalla sua attività come geologo nella ricerca di uranio. Nel 1952 era segretario generale del Comitato nazionale per le ricerche nucleari, divenuto poi Comitato nazionale per l’energia nucleare (C.N.E.N.) nel 1960. Il Comitato da lui amministrato non aveva personalità giuridica e non era per questo in grado di gestire risorse economiche. Nonostante questo, Ippolito negli anni Sessanta fu in grado di attuare diversi progetti di sviluppo del settore nucleare, tra cui la centrale nucleare di Latina, la centrale nucleare del Garigliano e la Centrale nucleare Enrico Fermi a Trino. L’Italia è in quel periodo il terzo paese al mondo per produzione di energia dal nucleare[1] e disponeva di competenze e know-how molto avanzate. Ippolito mira a rendere la nazione indipendente dal punto di vista energetico. Nell’agosto del 1963 indiscrezioni giornalistiche sollevarono dubbi sulla correttezza dell’operato di Ippolito nell’amministrazione del C.N.E.N. Tutto partì da una serie di articoli a firma del deputato socialdemocratico Giuseppe Saragat, futuro Presidente della Repubblica, che attaccava direttamente la gestione del C.N.E.N. Nei mesi seguenti venne avviata una indagine ministeriale e si occupò della questione Giovanni Leone, anche lui futuro Presidente della Repubblica. Il 3 marzo 1964 Ippolito fu arrestato per presunte irregolarità amministrative. In particolare, gli vennero contestati i reati di falso continuato in atti pubblici, peculato continuato e aggravato, interesse privato in atti d’ufficio, abuso d’ufficio. Ne seguì un processo discusso, molto sentito dall’opinione pubblica e dalla stampa, che culminò con la condanna di Ippolito a 11 anni di carcere. L’Italia e il mondo politico erano divisi. I fatti contestati erano dubbi e di modesta entità, mentre la condanna fu pesante, e alcuni ritengono che la vicenda giudiziaria fosse stata una cospirazione per togliere di mezzo Ippolito e stroncare la nascente industria nucleare italiana in favore della potente filiera petrolifera, oppure una “rivalsa delle baronie elettriche che avevano subito la nazionalizzazione”. Inoltre, i primi dubbi sollevati nell’agosto del 1963 da Saragat vennero rilanciati dalla stampa di destra legata a gruppi industriali – quali l’Edison – che avevano perso il monopolio della produzione di energia elettrica a seguito della nazionalizzazione e della creazione dell’Enel, di cui Ippolito era stato un fervente promotore. Si parlò anche di un clima intimidatorio verso i testimoni della difesa. Dopo avere trascorso due anni di prigione, e quando ormai gli restavano pochi mesi da scontare, Ippolito ricevette la grazia dallo stesso Saragat, nel frattempo divenuto Presidente della Repubblica, mentre i programmi nucleari furono sensibilmente ridimensionati da ENEL, una volta terminata la nazionalizzazione elettrica nel 1963. Dopo questa disavventura Ippolito si dedicò alla promozione della cultura scientifica e tecnologica.

AFFARI LEGALI

POLITICA (MA DELLA PRIVACY)

POLITICA (MA DELLA PRIVACY)